L’ashtanga yoga mi affascina da tempo. Una corrente di yoga molto disciplinata, con serie fisse, regole fisse, poco spazio alla fantasia, una sorta di mantra del corpo, ripetere senza pensare, concentrandosi “solo” su respiro e movimento di muscoli e banda. Ma cosa c’entra l’ashtanga col power yoga?

Nello storico libro Di Beryl Bender Birch “Power Yoga”, yogini americana avvicinatasi all’ashtanga yoga negli anni 80 viene spiegata la prima serie dell’ashtanga yoga (cosiddetta Yogaterapia): passo a passo con foto e modificazioni, con indicazioni piuttosto precise e dettagliate. Nell’era di Youtube un po’ anacronistico, come del resto lo è anche la copia usata del libro con pagine ingiallite (anno 1995) che ho tra le mani.

All’inizio del libro vengono presentati i principi base su cui si fonda il power yoga: questi non hanno nulla a che vedere con l’ashtanga tradizionale, che io sappia, ma vengono innestati su di esso e provengono dal mondo del fitness e dello sport e da ricerche sulle scienze motorie. Ad esempio il primo principio recita “prima di fare stretching il corpo (la muscolatura) deve essere riscaldata”. Tutti principi che effettivamente vengono in modo intuitivo praticati nell’ashtanga yoga (si pensi ai numerosi cicli di surya namaskar A e B che avvengono prima di iniziare la serie delle posizioni in piedi) e che Beryl Bender esplicita e spiega in modo chiaro e conciso.

Questa chiarezza e pochi giri di parole (se si deve far fatica, si fa fatica, è inutile girarci attorno e dare mille opzioni) che permeano il libro mi hanno fatto sentire a mio agio. Qualche volta è difficile interpretare pensieri e parole, qui è lasciato poco all’interpretazione personale. La rigidità della pratica ashtanga si rispecchia fedelmente nel testo. Anche i richiami solidi e concreti ai concetti e costrutti fondamentali dei testi filosofici di base sono utili e ben inseriti nella presentazione graduale dei vari asana e del loro concatenamento.

Sicuramente quello che ho trovato più interessante e nuovo è stata la presentazione di savasana: non solo perché e percome questo asana è fondamentale nel chiudere la pratica, ma soprattutto il metodo di rilassamento utilizzato. Si raggiunge la posizione finale attraverso un viaggio nel corpo che, invece di procedere dall’alto in basso o viceversa rilassando le singole parti del corpo, avviene attraverso gli strati del corpo: prima muscoli e scheletro, poi apparato respiratorio e cardiovascolare, poi il sistema nervoso e infine l’apparato digerente.

Perché non chiamarlo ashtanga? Non lo so, effettivamente cercando su internet trovo che il power yoga, che si ispira all’ashtanga, ne differisce per la variabilità delle sequenze. Questo sicuramente non compare in questo il libro, dove la prima serie viene spiegata passo a passo. Un po’ irrita e per me ha un retrogusto di appropriazione culturale. In fin dei conti il libro è stato pubblicato prima che le discussioni in questa direzione si espandessero.

Perché provare? Mi capita, mentre pratico yoga, soprattutto se guidata da insegnanti, di trovarmi a pensare: e adesso cosa verrà? Odi perdermi nei miei pensieri. Perdere il contatto col proprio respiro. Mi capita meno, o quasi mai, se pratico sequenze fisse (siano surya namaskar a ripetizione con piccole variazioni, sia la versione standard del Daily Hero, la sequenza “semi-fissa” proposta da Element Yoga, sia la prima serie), in questo caso, non dovendo concentrarmi sulle istruizioni per procedere con l’asana successivo, riesco a trovare un ritmo più naturale nell’abbinamento di movimento e respiro e ad avvicinarmi così maggiormente ad uno stato meditativo. Per questo sistemi poco creativi di pratica come l’ashtanga yoga mi affascinano. La ripetizione e l’abitudine sono, in un certo senso, strumenti di liberazione.

Lo sapevi? L’ashtanga yoga è stato una dei primi stili a porre l’accento sulle transizioni da un asana all’altro e non solo sulle pose finali. I cosiddetti vinyasa (tadasana-uttansana-ardha uttanasana- chaturanga-ardha mukha svanasana-adho mukha svanasana- ardha uttanasana- uttanasana- tadasana o meglio samasthithi come si usa dire in ashtanga) inseriti per passare da un asana ad un altro o prima di ripetere la sequenza con l’altro lato del corpo cengono da questa tradizione. In particolare ricchi di fluidi movimenti come salti e break through vengono usati nell’ashtanga per collegare posizioni a terra.


Il libro

Per saperne di più sul power-yoga: https://www.power-yoga.com/

Per saperne di più sull’ashtanga yoga: https://en.wikipedia.org/wiki/Ashtanga_vinyasa_yoga

Per praticare la first serie n italiano: https://www.youtube.com/watch?v=l241fzOm0Io&list=PLSmv8AuzLvGGjcZiRbxoKITshR1mCDDkt

Informazioni su Beryl Bender-Birch: https://en.wikipedia.org/wiki/Beryl_Bender_Birch

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